L’EGM, l’Assemblea allargata delle Federazioni della WIZO che si è appena conclusa, ha sancito ufficialmente il termine del mandato di Esther Mor alla guida del World WIZO. È stata Presidente dell’organizzazione per otto anni, lasciando un segno indelebile. Rimarrà come Presidente Onoraria a vita e con diversi altri incarichi, tra cui mentoring per la nuova Presidente Anat Vidor. La vita di Esther Mor e il suo lavoro con la WIZO meriterebbero un romanzo: basti pensare che è nata a Peshawar da genitori russi, è vissuta in India, Italia, Giappone, Cina (Hong Kong), Svizzera, Belgio e Usa prima di stabilirsi in Israele; parla inglese, ebraico, italiano, bukhari (persiano), francese, giapponese, indostano, urdu e capisce lo spagnolo.
Noi, più modestamente, abbiamo voluto ripercorrere la sua esperienza attraverso un’intervista esclusiva per la nostra rubrica “Il Portavoce”. Una chiacchierata che ci ha trasmesso tutto il carattere e la passione di questa donna, capace di affrontare con piglio risoluto, ma sempre accompagnato da un sorriso, i problemi di chi vive in Israele e nel mondo, con l’obiettivo di fare almeno una mitzvà al giorno.
ADEI WIZO - Cominciamo dall’inizio: come si è avvicinata alla WIZO? Anche per lei, come per molte altre donne, è stato il prosieguo di una tradizione familiare?
ESTHER MOR - Sì, mia mamma faceva già parte della WIZO a Mumbai. Mi ricordo che servivo il thè alle sue riunioni. Però sono entrata ufficialmente nella WIZO più tardi, in Italia, a Milano. Il primo evento dell’ADEI WIZO a cui ho partecipato è stata una festa di Purim e, dato che ero appena arrivata dall’India, ho indossato un bellissimo sari di seta con fili d’argento. Non ci vedevo nulla di strano, per me era un vestito elegante adatto per un party, ma alcune persone mi hanno avvicinata per chiedermi il mio nome e ho risposto “mi chiamo Esther”. Così uno di loro ha preso il microfono e ha annunciato: “Abbiamo la regina della serata che si chiama Esther”. Non lo sapevo, ma quella sera c’era una gara, un concorso a tema dedicato a Purim. È stata quella l’occasione in cui sono diventata socia dell’ADEI WIZO. Era il 1964, la Presidente della sezione di Milano allora Lia Cases.
AW - non fatichiamo a credere che abbia vinto, oggi Lei è una bellissima donna e a 20 anni avrebbe potuto fare la fotomodella per la copertina di un rotocalco. Ma può ricordarci anche come mai era arrivata in Italia?
EM - Semplice: sono sposata con un italiano, l’ho conosciuto in India e solo un mese dopo abbiamo celebrato il matrimonio. È stato lui a portarmi in Italia.
AW - Come è proseguito il rapporto con la WIZO?
EM - Dopo qualche tempo siamo partiti per il Giappone, dove la WIZO non esiste. Sono stata sette anni in Oriente prima di tornare in Italia dove ho ripreso a frequentare l’ADEI WIZO. Nel vostro Paese e negli altri luoghi dove ho vissuto, ho avuto il piacere di incontrare tante donne ebree che erano molto attive per aiutare Israele. Nel 1980 abbiamo compiuto la nostra Aliyah e in Israele la WIZO era proprio a due passi da casa mia, così mi recavo lì quasi ogni giorno. C’era tanto da fare: ho sempre cercato di aiutare i bambini, le donne e tutti quelli che hanno bisogno, ma erano e sono sempre tantissimi. Ora sono 43 anni che vivo in Israele.
AW - Lei ha mantenuto contatti con l’Italia però?
EM - Tutte le Federazioni sono importanti per la WIZO, ma io personalmente torno spesso in Italia, qui ho tantissime amiche che hanno tanto amore per Israele. Ricordo con piacere la partecipazione a diverse edizioni dell’Adeissima, a Milano.
AW - Ci vuole parlare di qualche episodio che testimonia questo legame avvenuto nel corso della sua carriera alla WIZO?
EM - Ce n’è uno in particolare che riguarda il lavoro che ho svolto con “Friends of Wizo”. Tutto comincia ad una cena in cui la Presidente di allora, che era Michal Modai mi chiese di entrare nel World WIZO. Io facevo già parte della WIZO Israele e ho fatto qualche obiezione: non parlavo bene l’ebraico, allora. “Ma no, è il World WIZO - mi ha risposto – dove si parla in inglese e tu conosci tante lingue”. Ho accettato, dichiarando che sarei andata una volta alla settimana, ma poi mi sono appassionata e alla fine mi trovavo lì tutti i giorni. La cosa si è evoluta: mi hanno chiamata dicendo: “Esther, visto che tu hai tanti amici in Israele, dovresti fare qualcosa di speciale per coinvolgerli, aprire all’interno della WIZO una specie di “club” per le tue conoscenze”. Così mi è venuta l’idea di “Friends of WIZO”. E devo dire che, da subito, l’Italia ha risposto benissimo. L’Ambasciata Italiana in Israele, allora, aveva come Ambasciatore Giulio Terzi Di Sant’Agata, che è stato anche rappresentante dell’Italia alle Nazioni Unite, Ambasciatore negli USA e importante uomo politico. Ho chiesto a lui se si potesse organizzare una festa in Ambasciata. Non solo ha accettato, ma ha portato la soprano Katia Ricciarelli e un tenore ad esibirsi per i nostri ospiti. In quella sola serata abbiamo raccolto mezzo milione di shekel! “Friends of WIZO” è iniziata lì e da allora è stata un successo. Avevo più di mille persone nella mia mailing list e la festa all’Ambasciata Italiana, due volte all’anno, era imperdibile. In tutto “Friends of WIZO” ha continuato a lavorare per 14 anni, di cui 10 sotto la mia direzione, e il contributo dell’Italia è stato sempre importante.
AW - Un’esperienza che l’ha portata ad avere notevoli competenze nella raccolta fondi…
EM - Sì, e gli otto anni di Presidenza sono stati magnifici, anche perché con questo obiettivo ho potuto rafforzare i legami con le Federazioni mondiali. Nei primi 4 anni della mia Presidenza sono stata in 28 nazioni differenti e ho conosciuto migliaia di persone. Ultimamente sono stata in Messico per quattro giorni e ho potuto incontrare le donatrici, visitare le Sezioni, partecipare ad eventi. Certo dal 2020 il Covid prima e la terribile guerra che stiamo vivendo oggi, hanno complicato tutto.
AW - Vuole parlarci dell’impegno della WIZO in questi ultimi anni così difficili?
EM - I villaggi WIZO hanno svolto un ruolo importantissimo già allo scoppiare della Guerra tra Russia e Ucraina, ospitando i bambini e i ragazzi che sono dovuti scappare da quel conflitto. Oggi si occupano di chi ha dovuto lasciare le zone nel Sud e Nord di Israele minacciate dai terroristi. Il 7 ottobre subito dopo l’attacco, ad esempio, una famiglia ha dovuto abbandonare tutto e scappare dopo che la loro casa era stata bruciata. Non sapevano dove andare perché dappertutto c’era il pericolo di attacchi terroristici e lancio di razzi. Così il padre ha telefonato al villaggio WIZO dove era cresciuto, dicendo che era vicino a loro, sulla strada per Ahskelon. La loro risposta è stata “torna a casa”. È arrivato al villaggio con la sua famiglia, che comprendeva un bambino di 4 mesi, con i fratellini e la moglie. Con sé avevano solo i vestiti che indossavano. Sono ancora lì e potranno rimanere fin quando vogliono.
AW - Ci fa qualche altro esempio di cosa può fare la WIZO in questa emergenza?
WM – La WIZO è come il sale: serve ovunque ed è di aiuto in ogni situazione. Israele ha bisogno della WIZO: è il primo partner istituzionale per il welfare e ha sempre lavorato con qualsiasi Governo, non importa da chi sia formato. Per risolvere il problema degli sfollati, oltre ad aprire i nostri centri, abbiamo censito gli appartamenti vuoti che si potevano lasciare a quelle famiglie. In uno dei centri per donne, una notte è arrivata una donna con sei bambini che cercava rifugio e la polizia l’ha portata da noi. Li abbiamo accolti, abbiamo dato loro supporto legale e psicologico e una scuola per i bambini. Abbiamo lanciato la campagna “I’m not ok” che dà assistenza psicologica a chi è rimasto traumatizzato dalle conseguenze del 7 ottobre, perché la nostra conoscenza della società israeliana ci ha fatto prendere coscienza di tante persone che avevano paura persino di parlare. La WIZO c’è sempre.
AW - Adesso che lascia la carica di Presidente cosa farà?
EM – Vorrei continuare il mio impegno alla WIZO altrimenti mi mancherebbe. Sento che ogni giorno devo fare una mitzvà. Sarò Presidente Onoraria a vita e, per i prossimi otto anni, sarò nel board mondiale contribuendo con il mio voto. Sarò anche il mentore della nuova Presidente per il prossimo biennio. Però mi sono ripromessa anche di fare viaggi con mio marito. Per otto anni ho girato il mondo per lavoro senza di lui, ora devo recuperare.
AW - Vogliamo concludere con un appello? Perché oggi una giovane donna dovrebbe entrare nella WIZO?
EM - Perché no? Il movimento è sempre importante. In tanti paesi che avevano una grande tradizione WIZO l’organizzazione ha dovuto cessare l’attività nel dopoguerra per mancanza di un ricambio generazionale e oggi i giovani sembrano attratti da altre cose. Ma io continuo a spronare ogni Federazione WIZO a chiedersi: chi prenderà il nostro posto? Abbiamo bisogno di nuova linfa. Questo è un mondo diverso da quella festa di Purim del 1964, eppure, come è evidente proprio nei giorni che stiamo vivendo, ha più che mai bisogno di noi.