Dal Desk della Presidente
Chi ha seguito di recente i nostri social ha appreso che WIZO Francia ci ha dedicato una rubrica importante nella sua ultima Newsletter. Non nascondo che ci fa particolarmente piacere sentire questo senso di vicinanza in un momento così complesso per la nazione d’oltralpe, dove vivono quasi mezzo milione di ebrei. Tantissimi di loro sono scesi in piazza domenica 23 giugno a Parigi, per rivendicare i diritti che sembrano affievolirsi ogni giorno e per far sentire la propria voce nelle strade dominate ormai da mesi da chi invece incita all’odio contro gli ebrei e contro Israele.
Si fa fatica persino a scrivere insieme, nella stessa frase, le parole 12 anni e stupro. È una vicenda così dolorosa che il termine ebrea potrebbe persino non sembrare così rilevante. Eppure, è quello che gli aggressori le dicevano mentre la violentavano, come fosse un insulto e lo stupro una punizione per aver tenuto nascosto al suo ex fidanzato questo aspetto della sua identità. Immaginate l’amarezza di tutte noi che siamo impegnate ogni giorno nel ridare dignità a ogni donna raccogliendo anche fondi per proteggere le vittime di violenza, portando alto il vessillo della WIZO.
Dobbiamo sforzarci di parlarne, però, perché quel fatto assume una dimensione universale e fa riflettere proprio sul motivo per cui, in ogni sistema democratico, nato per tutelare i diritti fondamentali di uomini e donne, esiste un’aggravante per i reati ispirati dall’odio razzista o di genere. È perché nella legge codifichiamo l’esistenza di un male perfino più grande che compiere il male stesso: e questo “delitto nel delitto” è arrivare a pensare che le persone si meritino quel dolore che viene loro inflitto in quanto diverse dagli altri. È una distinzione importante che trasforma un crimine atroce contro l’individuo in un crimine abominevole contro la stessa umanità.
Lo stupro, l’atto umiliante con cui si impone la propria violenza, è sempre stato l’arma per eccellenza di chi odia l’”Altro” a tal punto da negargli il riconoscimento di essere umano e trasformandone il corpo in una cosa, da usare e gettare. Lo abbiamo visto centinaia di volte nel corso della storia e l’ultima è stata proprio il 7 ottobre, negli stupri seriali praticati da Hamas durante il suo massacro e poi ripetuti per mesi su chi era ed è ostaggio dei terroristi. Non provate a chiamarlo atto politico o atto di guerra. Non aggiungete una qualsiasi cosa alla parola stupro che non sia orrore. Qualsiasi spiegazione sarebbe uno sfregio ai valori della nostra civiltà.
Eppure, di fronte a episodi come quello di Courbevoie, come si sta tragicamente e sempre più di frequente ripetendo, vedrete che qualcuno riuscirà persino a dire che è colpa degli ebrei stessi, da sempre accusati non solo di ciò che non hanno commesso ma persino di quello di cui sono vittime. Oppure, e forse è ancora più umiliante, ci sarà chi starà in silenzio. Come quello, assordante, che ancora una volta ha caratterizzato le Associazione che si dicono “femministe” o di chi si trova nell’imbarazzo di giustificare la sua posizione politica con l’ingiustificabile.
Non è questo il punto, però. Ogni cittadino, a prescindere da come voti o da che religione professi, deve avere il coraggio di ammettere che ciò che è avvenuto a Courbevoie è l’antitesi di quella libertà di cui si fa vanto. Quella stessa libertà che lo protegge, a cui deve la sua espressione di pensiero e il suo benessere. La stessa conquistata a prezzo anche della morte di milioni di innocenti. Così come deve ammettere che vi sono forze che operano per sgretolare quel diritto di cui gode e forze che operano per preservarlo. E infine ammettere che auspicare uno Stato di Israele spazzato via, da chi come Hamas costruisce la sua costituzione sull’odio e non sull’uguaglianza tra le persone, equivale a rendersi complici di chi nega la dignità umana stuprando una ragazzina in quanto ebrea.
Ognuno prima o poi dovrà guardarsi intorno e chiedersi da che parte sta. La decisione dovrebbe essere semplice, perfino per chi non è ebreo. Speriamo solo che non sia troppo “poi”, perché potrebbe essere anche troppo tardi.
Susanna Sciaky, Presidente nazionale Adei WIZO